Adci 2.0?
Sono fresco fresco degli Adci awards.
E’ stata una serata che mi ha fatto pensare, anche perché è da un po’ di anni che bazzico questa simpatica accolita.
Ok il livello delle idee è basso, pochi premi, siamo rigorosi, ok.
Ma vorrei provare una cosa difficile: guardare cosa c’è sotto. Sotto il basso livello delle idee, ma anche sotto il basso livello delle iscrizioni in alcune categorie (studenti e credo anche altre).
Piccolo flashback personal/storico:
Sbavavo per il club, anzi sbavavo per la pubblicità, sbavavo per entrare nelle agenzie giuste, sbavavo per salire su quel palco, sbavavo per Cannes, sbavavo per diventare una star. Sbavavo: non dormivo la notte, le pensavo tutte, mi rodevo di brutto per un titolo, un sottotitolo, un folder. Era così, eravamo così, in tanti. La pubblicità era (siamo nel 1987 diciamo) la terra promessa di chi-si-sentiva-creativo-ma-stava-cercando-la-sua-strada. I vari Emanuele, Gavino, Marcomignani erano i deus ex machina della nostra trasformazione da bruchi di periferia a magnifiche farfalle.
Ma le cose cambiano. La pubblicità è stata superata, nella classifica delle cose fiche da fare, da tanto altro. E il club non ha più il gioco facile che aveva nell’essere il riferimento di tutta la creative community italiana.
Dove sto andando a parare? Qua: secondo me il club corre il pericolo di diventare poco influente, una cosa tra mille, mentre credo che il senso della sua esistenza sia essere IL riferimento della creatività in comunicazione.
Quando c’era *solo* la tv, la stampa, l’affissione e la radio, e tutto questo passava necessariamente da un’agenzia, credo che intercettare il lavoro migliore fosse relativamente facile.
Intercettare il lavoro migliore, oggi, vuol dire mille cose, oltre a quelle di cui sopra: internet, viral, ambient, conversation, bananas, zooppa, womma, youtube, buzz, user-generated e quant’altro.
In questo scenario, il lavoro migliore può benissimo esprimersi sui mezzi che il club non è abituato a premiare, non a caso il lavoro più applaudito l’altra sera è stato un lavoro ambient.
Sia chiaro: credo che il club abbia fatto passi da gigante. Dopo il sonno in cui si era adagiato per qualche anno, è tornato con molta determinazione e aggressività ad essere un interlocutore sulla scena della comunicazione e del marketing. Questo va detto perché abbiamo visto tutti il lavoro durissimo dei consiglieri, e non vorrei mai che queste parole suonassero critiche. Anzi, è proprio perché il club è cresciuto com’è cresciuto che si può tentare ora il salto nella sua era… (lo dico? dai lo dico, solo stavolta, bloggo da tre giorni, fammelo dire) …2.0.
Abbastanza chiaro, su questo, anche il parere di uno dei massimi vincitori della serata, Francesco Taddeucci via blog Adci (c’è da scendere verso la metà pag, è il 33mo di oltre 70 commenti):
Per quanto mi riguarda, farò il possibile perché l’Adci si svegli e ci svegli. Si può fare. Le persone ci sono. Basta cambiare (quasi) tutto.
(di Francesco condivido tutto l’intervento, in particolare la nota sui giovani, dove dice che si è sentito imbarazzato davanti a i giovani della sua agenzia. Anche io pensavo ai giovani, agli studenti, che dopo aver aderito poco al premio – e dovremmo chiederci perché – si sono sentiti bastonare di santa ragione. Per di più l’unico sotto i 30 ad essere salito sul palco è stato sonoramente fischiato. Tutto un po’ disturbante).
Concludo.
La mia modesta opinione su ciò che il club dovrebbe fare come priorità assoluta:
Intercettare il lavoro migliore ovunque sia, soprattutto dove non siamo abituati a guardare.
Obiettivo: tornare ad essere il riferimento centrale della creatività in comunicazione.
Credo si tratti di qualcosa di radicale, tipo non fare nient’altro per un anno che studiare tutto quello che c’è in giro oltre l’adv tradizionale, capirne i meccanismi, e infine entrare – più con l’umiltà dei beginners che con l’autorevolezza di un club storico – in tutti quei luoghi, virtuali e non, dove si produce eccellenza creativa, e candidarsi per esssere IL premio. Per un anno non fare il premio né l’annual, motivandolo con un sabbatico di rinnovamento (magari è il gancio di una bella campagna pr).
La proposta è radicale, me ne rendo conto, ma forse è meglio sparire dalla scena un anno e ripresentarsi in grande spolvero che non essere sulla scena senza nessuno a guardarci.
(Anche perché secondo me non abbiamo ancora perso nulla. Basta vedere la lunghissima lista di critiche sul blog per capire come il club sia ancora lì al suo posto, nella testa e nel cuore della creative community, dove tutti guardano per trovare il bel lavoro. E se non lo trovano si incazzano, e hanno ragione).