— oh my marketing!

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Leggere

Mi vergogno un po’ a dirlo – dopo aver distribuito a destra e a manca quasi 4.000 ebook gratuiti della serie Marketing Horror – ma ora che questa buffa saga è diventata una cosa seria (= un’intera collana di 8 titoli, edita da Apogeo/Feltrinelli e in vendita a 99 centesimi cad) mi sento in dovere di pormi la questione degli ebook, e magari di ricomprarmi un iPad (il primo è caduto vittima della scarsa connessione in casa mia) o un reader…

In sintesi, le cose che mi preme scoprire sono:

  • Troverò Dostoevskij, nel caso mi venisse voglia di leggerlo in digitale? (Per dire: come sarà il catalogo dei titoli disponibili, anzi: disponibili in italiano?…)
  • Si potrà fare qualche sottolineatura, o prendere qualche appunto a margine, in qualche balordo modo digitale?
  • Che lettore è meglio acquistare? Io sono di famiglia Apple, ma non sono mai entrato in sintonia con iTunes, iPhoto, la sincronizzazione dei contatti e tante altre cose della mela…

Magari in agosto mi ci dedico.

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Mi avvicino al libro, appena uscito, di Federica Dardi con un bel pregiudizio positivo: conosco e stimo Federica da tempo.

Questo rende tutto più difficile, se pensiamo all’obiettività della mia futura recensione, ma anche più piacevole, se pensiamo alla mia vita 🙂

Obiettivamente: l’autrice è su Twitter dal 2007 (@elisondo) ed ha significativa esperienza nel campo delle internet p.r. aziendali. Attualmente lavora per la sua casa editrice, Apogeo, come junior editor e coordinatrice dei presidi online dell’editore.

Ops, quasi dimenticavo: su Twitter l’hashtag è #ApoTwitter. (Non sapete cos’è un hashtag? Comprate questo libro!).

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La milanese trapiantata a San Francisco Elisabetta Ghisini ha scritto, insieme ad Angelika Blendstrup, “Communicating the American Way: A Guide to Business Communications in the U.S.” con un focus molto preciso: spiegare agli imprenditori che arrivano negli Usa (ma forse dovrei dire in Silicon Valley) come comportarsi per:

1. Farsi accettare dalla business community
2. Soffrire (professionalmente e umanamente) il meno possibile lo shock culturale
3. Spianarsi la strada della carriera negli Usa

Secondo me il libro avrebbe potuto intitolarsi “Communicating the business way”, perché mi è parso un intelligente e approfondito trattatello su come comunicare in un business environment.

Spero che Elisabetta non prenda male quello che è secondo me un bel complimento, so bene che sto, in un certo senso, passando sopra l’attenta e raffinata prospettiva linguistico-culturale che permea ogni pagina del libro.

Ma l’operazione che ne è risultata, a mio parere, è di livello superiore.

Non conosco i pattern comportamentali nelle economie emergenti asiatiche, ma in Europa certamente il pragmatismo, la considerazione del tempo altrui, la coscienza dei rispettivi ruoli e il loro rispetto (almeno formale!), uniti a una certa informalità volta alla sostanza delle cose, ormai sono lo  standard. E se non fosse per gli americani, che hanno imposto un certo stile con la forza culturale che li contraddistingue, chissà, forse metteremmo ancora le maiuscole reverenziali nelle email.

Ecco perché mi sento di consigliare la lettura di questo libro, tout-court, non solo a chi si reca negli Usa con un’idea imprenditoriale in testa, ma a chiunque voglia comportarsi nel modo giusto all’interno di una business community.

Il libro in una frase, come di consueto:

Se non volete tempo in stupidi errori di comportamento, investite due ore nella lettura di questo libro!

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Sviluppo logico del discorso iniziato qui, con il volume “Sicurezza in Rete“, riguardante l’uso del web da parte dei bambini, quest’altro libretto affronta un tema ancora più vicino alla vita dei bambini e ragazzi, quello di Facebook e compagnia.

Se il primo è l’abc, questo è… buona parte dell’alfabeto, e di sicuro, con l’esplosione dei social network, una parte di alfabeto che i ragazzi usano sempre più (ricordo che l’accesso a Facebook è riservato agli over 13, ma i bambini delle elementari già ne parlano, li ho sentiti).

Ancora una volta, scopriamo che la regola magica non c’è, che i figli bisogna seguirli da vicino e non lasciarli soli davanti al PC, né più ne meno di quanto sia il caso di lasciarli soli davanti alla Tv. (Con una differenza, che la Tv non ti chiede di accendere la webcam mentre ti togli la maglietta).

Alla trattazione generale del tema della prima parte – sempre in linguaggio agile, facile e gradevole – si affianca una seconda parte piuttosto nutrita dedicata alle domande e risposte, ben 43 quesiti svolti con competenza e buon senso.

Personalmente apprezzo molto questo tipo di approccio, che tende a mettersi nei panni di te che leggi.

Qualche esempio:

E’ vero che i social network possono dare dipendenza?

Ma che diritto ho di controllare mio figlio?

Che cosa posso fare per impedire che qualcuno inganni mio figlio con false identità?

Che cos’è il sexting?

Come posso capire che mio figlio è vittima di cyberbullismo, o che è un cyberbullo?

C’è molto da imparare, a leggere questo ottimo volumetto, di cui ringrazio la Biblioteca di Telefono Azzurro.

Il libro in una frase, come sempre:

Se pensate di sapere cos’è un social network, ricordate che può non essere la stessa cosa per i vostri figli. Vale la pena di fermarsi un attimo a pensarci. Questo libro può aiutare la vostra riflessione.

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Ho letto questo libretto con due cappelli: quello dell’appassionato di internet e quello del papà.

Dico subito che apprezzo l’opera di alfabetizzazione svolto da pubblicazioni come questa.

“Cos’è un computer”, “cos’è Internet”, sono domande ancora importanti, e fornire risposte competenti in modo comprensibile è secondo me doveroso. Altrimenti finisce che lo si impara dai TG, che hanno un debole per il lato perverso del web e ne parlano quasi sempre male.

Parlando di rete e di educazione, spesso la parte evoluta dei suoi utenti – cioè chi la utilizza in modo continuo e intensivo – dimentica l’altra parte, quelli che non navigano 18 ore al giorno, che non leggono libri su Internet, che non si raccontano su Twitter con l’iPhone.

Questo è già un problema per molti versi, ma se guardiamo il discorso in chiave educativa, la cosa diventa fondamentale.

La questione riguarda naturalmente i genitori prima di tutto. Cito da pag. 34:

A carico dei genitori, però, rimangono due impegni fondamentali. Il primo e più importante è stare accanto ai propri figli […] il secondo è di cercare di utilizzare anche in prima persona il computer per cercare informazioni in Internet, ricevere e trasmettere posta elettronica e – perché no? – chattare e videotelefonare con amici e parenti.

Avete presente quando assaggiate il piatto del bambino prima che lui inizi? Ecco.

Anche se non mancano informazioni sui programmi per il controllo da parte dei genitori (filtri famiglia/parental control) e riferimenti per le segnalazioni di siti inadeguati (114.it e hot114.it per i casi a sfondo sessuale), dal libro si impara che non ci sono facili ricette: l’unica è accollarsi la responsabilità di capire come funziona la rete, e accompagnare i figli online.

Come con la televisione e il motorino, insomma, anche online i comportamenti dei figli dipendono in gran parte da ciò che i genitori trasmettono loro.

Questa, con tutto il suo carico di responsabilità, credo sia una buona notizia per chi teme i “mille pericoli ignoti” della rete.

Il libro in una frase:

State vicino ai vostri figli (facile a dirsi, difficile a farsi) e tutto andrà per il meglio: loro arricchiranno le loro esistenze con il bello e il buono del web, voi vivrete nuove e sorprendenti manifestazioni della loro intelligenza.

Segnalo infine un altro titolo della collana di Telefono Azzurro, dedicato ai social network.

(Sia “La sicurezza in Internet” sia “Social Network” sono disponibili per il prestito e la consultazione alla biblioteca Valvassori Peroni di Milano… appena li riporto io ;-).

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[Photo credits + copyright]

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Chi ha figli sa cosa significa mettere la potenza della rete davanti a un bambino.

Per questo cerco di documentarmi su quali siano gli atteggiamenti più opportuni da tenere, dal punto di vista educativo. (Tempo fa chiesi anche dei pareri su Friendfeed, la conversazione è a metà di questa pagina).

Il libro, edito da Telefono Azzurro, è uscito da poco (marzo 2010) e fa parte di una collana che prevede 18 titoli. Tra i quattro volumi già in libreria, c’è anche “Social Network”.
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Io so perché Paolo Iabichino ha scritto Invertising.

L’ha scritto perché gli è venuto questo bellissimo titolo.

Sono un copy anch’io e lo so che certe volte tutto inizia da un bel titolo. E Invertising è un titolo da premio. Un titolo di quelli che ci si fa una strategia di comunicazione dietro. Che poi ci si trova tutta una serie di argomenti di supporto validissimi.

E Paolo gli argomenti della comunicazione li conosce molto bene, infatti il libro è pieno di tante belle cose simpatiche, curiose, colte, sempre ben contestualizzate e convincenti.

A me però non è piaciuto.

Lo dico con imbarazzo perché conosco l’autore, l’ho conosciuto proprio in occasione dell’uscita del libro, e spero tanto non se la prenda. Magari è una di quelle persone che apprezza un giudizio sincero. Oppure non gli interessa, insomma Paolo non prendertela, per favore. Ho solo detto che non mi è piaciuto non che è brutto 🙂

Il libro in una frase:

Il libro di una persona intelligente e colta, che non dice quello che dovrebbe, cioè che la pubblicità è alla frutta. (E ci credo, visto dove lavora). Bel titolo però.

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Questa notevole considerazione è ciò che mi ha lasciato “L’elmo di Don Chisciotte” di Stefano Bartezzaghi (penso sempre che sarebbe bellissimo se ogni libro ci lasciasse una cosa, eccola).

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Invertising – titolo davvero bello (il copywriting non è acqua, signori) – è il libro di Paolo Iabichino, che di mestiere fa il direttore creativo della filiale italiana di una delle più grandi agenzie di pubblicità del mondo.

Parla della comunicazione pubblicitaria nell’era dei social network e della rete partecipata.

Un tema coraggioso e stimolante, per chi sta assistendo allo straordinario passaggio della comunicazione d’impresa dall’evo pubblicitario – monodirezionale, stolido e impositivo – alla dimensione liquida e iperevolutiva della rete e dei suoi nuovi linguaggi  (tema che ho provato a svolgere anch’io).

Si tratta di un passaggio tutt’altro che semplice.

Sono curioso di capire cosa ne pensa uno che – se non ho capito male – prende lo stipendio da chi fondamentalmente commissiona spot in prime time… (E dai Paolo non te la prendere, o non usa più prendersi in giro tra colleghi? In ogni caso ti sto mandando il mio Un etto di marketing, libro ideale da fare a fettine… 😉

Passando a How to Communicate the American Way, si tratta di una chicca, di quelle che difficilmente scopri, e io l’ho scoperta, pensa un po’, nel mio ufficio.

E’ infatti un libro che è arrivato insieme all’autrice, Elisabetta Ghisini, per un seminario di “communication skills” tenuto al Cowo e rivolto – nientepopodimenoche – alle giovani imprese italiane che cercano venture capital negli Stati Uniti.

Lo so che detta così sembra una telenovela da tv aziendale, invece son stati due giorni tostissimi in cui l’Elisabetta (milanese trapiantata a San Francisco, dove è consulente di comunicazione interculturale) ha rivoltato come calzini una dozzina di baldanzosi startuppers nostrani, di Mind the Bridge e non solo.

Insomma, due bei libri mi attendono sul comodino… 🙂

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Prendersi tutto il gratis della vita, se non sbaglio era il motto di qualche eroe di Andrea Pazienza. (E io, per tener fede all’argomento, ho preso il libro a prestito, nell’ottima biblioteca Valvassori Peroni di Milano).

Il grande Chris dalla Coda Lunga non smette di sedurre con le sue teorie, e lo fa come sempre con grande scioltezza ed eleganza intellettuale.

Sentite qua:

Il denaro smette di essere il segnale principale nel mercato e al suo posto sorgono due fattori non monetari: quelle che spesso si chiamano “economia dell’attenzione e “economia della reputazione”;

Non ci vuole un dottorato per capire come mai il Gratis funziona così bene online: è sufficiente ignorare i primi dieci capitoli del vostro manuale di economia;

Per competere con il Gratis bisogna andare oltre l’abbondanza per trovare la scarsità adiacente. Se il software è gratis, voi vendete l’assistenza tecnica;

Il Gratis è un’attrazione costante in tutti i mercati, ma fare soldi con il gratis […] è una questione di pensiero creativo. […] Serve creatività per scoprire come convertire in denaro contante la reputazione e l’attenzione che potrete ottenere grazie al Gratis. Ogni persona e ogni progetto richiederanno una risposta diversa a quella sfida, e a volte non funzionerà affatto.

Bonus per tutti quelli che, come me, si sono stufati da tempo di gettare denaro in auto di proprietà:

Ispirandosi al settore della telefonia, BetterPlace progetta di regalare l’auto vendendo invece le miglia, a un prezzo inferiore di quanto costerebbero con un’auto tradizionale.

Il libro in una frase:

Non importa se a tratti può sembrare poco plausibile. Dall’uomo che ha fatto conoscere al mondo La Coda Lunga accettiamo volentieri una nuova visione, che ci faccia sognare un’economia diversa, dove l’attenzione conti finalmente quanto il profitto.

E infine, dal piccolo prospetto che racconta “come funziona”, ecco come cambia il piano di profitto:

Da “Modello di business” a “Ci penseremo prima o poi”.

Mi ricorda qualcosa
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