Vengo a sapere che il progetto Cowo forse entrerà in un progetto, più ampio, dedicato alle città sostenibili. In effetti, il coworking è riconosciuto come “sostenibile”.
Questo della sostenibilità è un tema che mi trovo ad affrontare sempre più spesso, nei discorsi e nei pensieri.
Cosa vuol dire, alla fine, sostenibilità? Perché Cowo è sostenibile? E cosa non lo è?
Non dico queste cose col cappello dell’uomo di marketing, ma con le scarpe del cittadino consumatore.
Mi viene da usare una espressione giovanile: una cosa è sostenibile se ci sto dentro. Se ci stai dentro, è sostenibile.
Così, non è sostenibile dover pagare 3.000 euro di inps appena apri una società (prima ancora di fare la prima fattura). Oppure iniziare l’acquisto online di un volo low cost, e scoprire solo alla fine che pagare con carta di credito costa varie decine di euro (che magari raddoppiano il prezzo del biglietto pubblicizzato). O ancora, non è sostenibile sfogliare una rivista e trovarsi metà delle pagine di pubblicità. O ricevere due telefonate di telemarketing al giorno. O chiedere la trasferibilità del numero di cellulare e rimanere settimane in attesa. O chiedere un’informazione a un servizio clienti e ricevere risposte diverse a seconda dell’operatore. O andare all’agenzia delle entrate con un appuntamento e trovarsi altre 20 persone con lo stesso appuntamento. O comperare un’automobile che perde il 20% del valore il minuto che l’hai pagata.
Potrei andare avanti. A pensarci, viviamo, in condizioni di forte insostenibilità, e il marketing c’entra parecchio.
Per questo mi piace e mi intriga l’attività del coworking.
Sia l’attività in sé, sia il suo marketing.
Ieri uno studente mi ha fatto notare come la frase “prova a guadagnare qualche euro con il coworking” – presente dal 1° febbraio 2009 nella home page del sito Cowo – possa “far pensare a un business”.
In questa timida osservazione c’era un velato rimprovero, come se “business” fosse il male, e come se il concetto di “sostenibilità” non potesse avvicinarsi a quello di “profitto”.
Pareva dirmi: tu prometti un guadagno, non puoi promettere anche la sostenibilità.
Invece, secondo me, un profitto ci deve essere, perché profitto = risorse, risorse = vita del progetto.
Senza risorse i progetti muoiono, e senza progetti nuovi, ahimé, continueremo a stare nell’insostenibile insostenibilità di cui sopra.
E infatti, con Cowo, il profitto lo cerco, in modo lucido e attento, ma divertendomi a tenerlo al secondo posto, dopo le relazioni.
Ecco cos’è la sostenibilità, per me. E il marketing deve seguire questa logica, basata – indovinate un po’? – sulle persone.
Quindi: cerco di guadagnare di più seguendo una strada diversa dalla massimizzazione del profitto.
Provo ad aumentare il profitto abbassando i prezzi e aumentando i servizi, per esempio.
Perché alla base del business del coworking (ammesso che esista) non è la massimizzazione del profitto, ma la massimizzazione della sostenibilità.
Quindi: Più sostenibilità = più business = più profitto.
Detta così può sembrare semplice, ma non lo è. E’ una follia, invece, ma – ne converrete – una follia più bella di quella che si vede ogni giorno nelle news economico-finanziarie…
(Forse qualcuno penserà che sono un ricco eccentrico che gioca alle teorie del business. Invece ho ancora 12 anni di mutuo prima casa, davanti a me. Ma sono convinto che un modo diverso di portare avanti le attività imprenditoriali – finalmente lontano dall’ossessione della crescita infinita, del profitto a tutti i costi, degli investitori da remunerare – sia possibile sostenibile).
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