— oh my marketing!

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Scrivere

Monkey ha appena aperto un blog per il Centro di Ricerca sull’Impresa di Famiglia dell’Università Cattolica, scommettendo sulla possibilità di coinvolgere le aziende familiari italiane nella conversazione su Internet, allo scopo di agevolarle, attraverso i servizi del Cerif, a raccogliere i numerosi frutti che una visione disincantata del family business può portare.

Il blog si chiama Family Business Smart, l’header presenta una volpe che guarda vogliosa un grappolo d’uva, con un sottotitolo che recita:

Cerif aiuta l’impresa di famiglia a… prendere l’uva.

L’idea di aprire le orecchie invece della bocca è stata nostra, ai professori del Cerif il merito di aver colto lo spirito di un approccio basato sul passaparola.

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flowers

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Ogni tanto faccio il punto della mia situazione identità. Così, per presentarmi a chi arriva qua per caso.

Lavoro in pubblicità per Monkey business, tengo la directory di Aziende con le Orecchie (le aziende italiane che fanno marketing dell’ascolto, cioè blog etc., ad oggi una sessantina), poi c’è il wiki dei corporate bloggers italiani, fermo a quota 20 da un po’.

Appuntamento fisso del blog, tre libri sul comodino (cioè quello che leggo, ho letto e leggerò), mentre il post più letto finora racconta cos’è per noi un art director.

Infine, ogni tanto mi lamento sul rent-a-car marketing.

Secondo me, chi si fa un giro su questi link mi conosce come se passassimo una domenica insieme…

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Questa bella battuta non è mia, ma di Mr. Tacus, “vincitore” del meme lanciato da Gianluca nel suo blog all’inizio dell’anno.
I risultati sono visibili qui perché non sono riuscito a inserire lo slideshow.

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E mi ha conquistato, ma solo dopo pagina 28. Praticamente dal 2° capitolo fino alla fine.

Cos’ha che non va il primo capitolo?

Niente, solo che io sono più per i casi pratici che per le teorie sociologiche, e l’ingresso in questo testo passa per un’anticamera un po’ troppo colta per me, che sono un copywriter come quelli della Leo Burnett di Chicago negli anni 60 “che prima di impugnare la matita si sputavano sulle mani” (giuro che l’ho letta davvero, mi pare nell’Ogilvy On Advertising).

Comunque tornando al libro, tanto ero tiepido nelle prime pagine, tanto l’ho trovato valido, completo e stimolante nel suo sviluppo, come prova la quantità di sottolineature che vi ho lasciato.

Oltre agli stimoli di marketing non-convenzionale (che tra l’altro non esiste, lo dicono loro, esiste un solo marketing, quello che funziona, pag. 58), che sono tanti e interessanti, il libro è anche un bell’insieme di quelle-cose-che-ti-ricordi-ma-che-quando-ti-servono-non-sai-più-dove-trovare, come ad esempio la storia del flop della nuova Coca-Cola, o l’impagabile tabellina “nuova scuola di mktg vs vecchia scuola di mktg” di Kathy Sierra (2005), o il caso Mozilla Firefox, quello Diet Coke-Mentos, le 95 tesi in italiano stampate sulla carta…

Alcune chicche:

La resistenza al marketing non è un desiderio improvviso di smettere di comprare. I consumatori voglioo interagire con le marche. Sono intelligenti, tecnologicamente avanzati e con poco tempo a disposizione. Vogliono un marketing che mostri maggior rispetto e attenzione per il loro tempo. Finché non miglioreremo il nostro approccio con i consumatori, essi continueranno a resistere e a chiudersi ai messaggi pubblicitari delle aziende. (Walker Smith, ceo di Yankelovich, 2004).

Tutti i tipi di nuovo marketing non sono validi quando partono dalle imprese: devono avere come base i consumatori.

La chiave di svolta di un mercato basato sulla Long Tail è che in teoria ciascuno può avere un pubblico.

La vera potenza della Coda Lunga si rivela grazie al sistema delle raccomandazioni.

Elenco delle panacee di marketing 1985-2005: anti-marketing, authenticity marketing, buzz marketing, cause-related marketing, chrono-marketing, co-marketing, community marketing, convergence marketing, convergence marketing, centextual marketing, counter marketing, creative marketing, cult marketing, customer centric marketing, database marketing, eco-marketing, emotion marketing empowerment marketing, ethnic marketing, entrepreneurial marketing, event marketing, expeditionary marketing experence marketing, exponential marketing, family marketing…
[e siamo solo a un terzo della lista].

Il vantaggio reale di un approccio non-convenzionale è in primo luogo l’economicità.

E qui mi ricollego a un caso cui tutti guardiamo come esemplare, la community Ducati. Ebbene, in queste pagine ho scoperto che tutto è nato dalla considerazione che una campagna tradizionale era troppo cara. Come dire: la necessità aguzza l’ingegno.

Il libro in una frase:

Uno sguardo d’insieme sul senso del marketing di una profondità e intelligenza tali da permetterci uno sguardo anche più ampio, sul senso dell’impresa economica in generale.

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Un sito social dove puoi creare l’effetto libro-con-pagine-che-girano in modo facile e veloce.

L’ho provato con l’ebook monkey business sulle campagne divertenti (scaricabile qui).

Cliccare su “open publication” per aprire il libro.

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…quanto come me lo ha detto”.

Quante volte ci ritroviamo a dire questa frase, quante volte notiamo che il tono di voce è forse più importante del contenuto di una conversazione, nel lavoro, nelle relazioni personali, e anche nella pubblicità.

Anche nei blog, per esempio, escape from cubicle nation o the name inspector hanno per me un tono irresistibile fin da subito. (O misterpresident.org, sapendo che è scritto da un labrador).

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Mi capita abbastanza spesso che mi scrivano dei giovani. A volte ci incontriamo e facciamo due chiacchiere. Mi ritrovo a pensare di quando i colloqui li cercavo io. Nel cercare di capire cosa portava al successo del colloquio, avevo teorizzato il seguente rapporto tra fattore portfolio e fattore umano: 50/50.

Non era banale come sembra, negli anni 80 sembrava contare solo il portfolio (adesso non mi sembra), c’era molta più tensione su dove avevi lavorato, se avevi preso dei premi ecc. Io avevo un portfolio decente, le agenzie nel mio cv erano molto buone, ma non mi sentivo mai all’altezza (infatti dicevo cose tipo “sono più bravo del mio portfolio”), forse per questo pensavo anche all’altro fattore, quello umano.

Adesso che sto dall’altra parte della scrivania (posto ancora meno simpatico, credetemi), tengo un occhio sul book e uno sulla persona.

Ci ho messo non so quanti anni a scovare un’intervista di Bill Bernbach dove parlava di come assumevano i creativi in DDB, negli anni d’oro: avevano un doppio criterio, il candidato doveva essere eccezionalmente bravo e anche simpatico.

Ma ritorniamo nel 2008.

Adesso com’è? Portfolio o persona? Adesso è blog. La perfetta sintesi dei due elementi. Dovessi assumere qualcuno darei senz’altro la preferenza a qualcuno che blogga, lo leggerei silenziosamente ogni giorno per un po’, poi andrei a rileggere tutti i post, lo/la conoscerei molto bene ancora prima di incontrarlo la prima volta. Ne conoscerei anche il portfolio, naturalemente, perché sarebbe pubblicato sul blog con Slideshare o su Flickr (lo facciamo noi con l’agenzia, non può farlo un creativo?).

Oltretutto dimostrerebbe un fatto laterale importante: che conosce i linguaggi comunicativi di questi anni, le dinamiche della rete.

Per questo il primo consiglio che dò sempre è: apri un blog. (A volte aggiungo anche le parole di MacLeod: 60 milioni di blog, 60 milioni di business models – punto 29 della lista). Ma l’ho messo nei consigli inutili?

E comunque, mi chiedo se il consiglio vero da dare non sia di provare a immaginare una carriera dove la pubblicità sia un’altra cosa. Magari fare il copy non vuol dire sempre e solo advertising. Magari c’è un altro lì dentro di te, che sa fare quella cosa in 500 modi più interessanti, attuali, promettenti, come fanno a Hong Kong o a Vienna o nel sottoscala del tuo condominio. Cercate, ragazzi, cercate. Il talento non è solo un headline giusta, il talento è anche scriversi una sceneggiatura migliore per il proprio film. Ecco, l’ho detto, mi sa che era meglio se stavo zitto e mi limitavo al discorsino sui blog…

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Ce l’ho!

Se vi serve una persona in gamba, ditemelo.

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Qui l’intervista al direttore marketing Febal sul nuovo corporate blog aperto da noi di Monkey, online oggi con il titolo Claudio Ferri/Febal: entusiasta del blog.

Si parla, in particolare, dell’iniziativa che ha portato l’azienda a scegliere il nome di una nuova cucina tra quelli proposti dalla blogosfera.

Monica Lazzarotto di Youmark riallaccia la questione all’articolo sulle tesi di Henry Jenkins, autore di “Cultura convergente”(qui una recensione), recentemente apparso su Youmark.

Ringrazio Youmark per l’attenzione e Claudio Ferri per le lusinghiere parole sul sottoscritto. Son cose che fanno piacere.

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Il mitico Robert pacioccone Scoble (autore di una delle mie bibbie, Naked Coversations, disponibile in italiano con il titolo Business Blog) ha messo giù cosa fare quando si cerca lavoro, ricordando i tempi duri che ha vissuto lui stesso. Umile, preciso, fattuale, deciso. Da leggere e mettere in pratica.

E, su mia richiesta (capito perché è mitico?),  dà anche suggerimenti sulla lettera di accompagnamento al cv (commento n. 24):


massimo: I wish I had saved it. It was just short. Sweet. To the point. And confident that I could solve their business problems.

Per chi è interessato, qui ci sono i miei, di consigli.

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