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business sostenibile

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In qualità di fondatore di Cowo, ho partecipato ai lavori del Comitato d’Indirizzo per Milano Capitale delle Startup, task force voluta da Comune di Milano e Camera di Commercio per sintetizzare l’approccio della città di Milano rispetto al tema della giovane impresa e – soprattutto  della nascita di nuove aziende.

A inizio lavoro ho scritto qui qualche considerazione, a lavoro concluso vorrei riportare ciò che mi è piaciuto in particolare, e anche una cosa che non condivido.

Mi è piaciuto:

– il dibattito sulla definizione di start up (e qui sono contento che quanto uscito dal gruppo milanese sia più ampio rispetto a quanto indicato dal decreto sviluppo del Governo, in altre parole, a Milano “Startup” è un concetto più aperto e inclusivo che nel resto d’Italia, come sottolinea anche l’assessore Tajani nel video)

– lavorare a un tavolo dov’erano seduti Comune, Camera di Commercio, due società di venture capital, due avvocati, il coordinatore dell’incubatore del Politecnico di Milano, spazi di coworking/incbazione

– portare avanti un’agenda di lavoro in modo efficiente, e qui vanno ringraziati gli ottimi Giacomo Biraghi e Alvise De Sanctis

Non mi è piaciuto:

– quando la discussione è andata sui luoghi di lavoro tipici della giovane impresa e mi sono sentito dire che la tendenza mondiale è quella di accentrare le energie in singoli luoghi; avrò una visione distorta per la diffusione capillare del progetto Cowo – presente in egual misura in grandi città e piccoli centri, e sempre a costi bassissimi o nulli – ma la penso esattamente al contrario: io credo che serva sostenibilità diffusa, sparsa sul tessuto territoriale e quindi aperta, non luoghi unici, soggetti a logiche gestionali impegnative (e a modalità di coinvolgimento per forza selettive).

In ogni caso, un grazie a tutti per il coinvolgimento, e l’augurio che il lavoro dia buoni frutti da subito, già nell’anno che inizia domani.

E per chi vuole leggere il documento, cliccando qui lo può scaricare.

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E’ passato un mese esatto dal post in cui davo voce alle mie perplessità sui grandi coworking, un po’ anche nate dalla notizia della chiusura di loosecubes, hub virtuale di coworking spaces newyorkese, abbondamente finanziata.

Vorrei essere chiaro: trovo bellissime le notizie sull’apertura di coworking con ingenti invesimenti alle spalle.

Bellissime e paurose.

Sarà che ho vissuto gli anni 80, con il loro disastroso rapporto denaro-valore, sarà che mi pare che l’enorme reazione di valore che ho visto accadere nei coworking (sostenibilità, relazioni professionali, incentivo alla nuova impresa, apertura trasversale di professioni e settori) sia anche frutto di una sana distanza dalle logiche del profitto, sarà non so cosa, io temo che i soldi rovinino tutto.

Io spero che non succeda.

Io spero che chi sta aprendo in questi giorni iniziative importanti abbia tutto il successo che desidera e anche di più (sarebbe anche un po’ mio, quel successo, dato che lavoro per il coworking da anni).

Ma spero anche che l’esigenza di far rientrare un investimento non chiuda mai la porta a un coworker.

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Oggi ho letto due notizie che, sommate, mi fanno pensare.

La prima è che nasce a Milano un superspazio di coworking di 3.000 metri quadrati con 250 postazioni, che ancor prima di aprire si annuncia come “ecosistema perfetto”.

La seconda è che Loosecubes, azienda di New York tra le prime a proporre servizi di online booking per coworking chiude i battenti, dopo aver ricevuto finanziamenti per qualche milione di dollari ed essere passata da 2 a 16 persone in pochissimo tempo.

E poi penso a Cowo, alla fatica che facciamo a coinvolgere i coworker uno ad uno, penso alle persone che entrano nel progetto con 350 sudati euro e penso a noi che facciamo il possibile perché li riguadagnino quanto prima.

Penso al nostro ecosistema, che non mi sognerei mai di definire “perfetto”. (Sì, penso anche  all’importanza della comunicazione). Penso che non mi va di associare l’idea del coworking a un’azienda che può fallire.

Quasi quasi penso che la Cowo Economy sia meglio dei metri quadrati, e forse anche dei milioni di dollari (visto il risultato che producono).

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Questo post mette insieme una cosa molto piccola e una cosa enorme.

Cos’hanno in comune? Lo scopo: aiutare l’economia, che vuol dire posti di lavoro per le famiglie e un futuro per i giovani.

Cominciamo dalla piccola, che conosco da vicino.

Un coworking a Pordenone si è inventato di usare un temporary store inutilizzato per metterci dentro dei giovani autoproduttori (ragazzi che creano oggetti artigianali, abbigliamento ed altro, con le loro mani) che lavorano in vetrina, offrendogli così:

– visibilità (lavorano in strada, inoltre hanno goduto del volano creato dal coworking)

– possibilità di vendere i loro oggetti (sono in un negozio)

Invece che tante parole sugli immobili sfitti e la crisi, a Pordenone si sono rimboccati le maniche e si sono dati una mano.

Ed ora passiamo alla grandissima.

Jason Best è l’americano che, di sua iniziativa, ha spiegato al presidente Obama perché la legge che regola il finanziamento alle aziende, nel 2012, non può essere quella in vigore, datata 1933.

E Obama ha capito, e ha fatto una nuova legge, il Jobs Act, che permette alle startup di raccogliere capitali da qualunque cittadino americano (crowdfunding).

Significa che le nuove aziende americane godranno di un flusso di denaro impensabile fino ad oggi, perché proveniente dai cittadini che, liberamente, potrenno investire nelle idee imprenditoriali più interessanti. E naturalmente partecipare ai loro guadagni.

E tutto questo, senza che il Governo americano spenda un centesimo.

Jason Best è a Milano questo venerdì, grazie a Gianluca Dettori che lo ha invitato.

Dovrebbero metterlo a San Siro e obbligare tutta la classe politica italiana ad ascoltare in ginocchio, ma è alla Camera di Commercio e va già bene.
Tutti possono partecipare all’incontro, basta inviare una mail a tavoliexpo@mi.camcom.it.

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Fare rete è una di quelle cose che possono voler dire tutto.

Ieri, per me, ha assunto un significato preciso, netto.

Grazie a tutte le persone che, in modo informale, attraverso una semplice email, mi hanno raccontato le loro visioni personali del progetto Cowo, in cui siamo coinvolti insieme, e hanno permesso la creazione della presentazione per questo evento.

Ma più che le loro (bellissime) parole, a me piaccciono le loro facce. Anzi, a pensarci bene, mi piacciono loro 🙂

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Ho avuto modo di leggere Futuro Artigiano su invito di un cliente della mia agenzia, che lo ritiene un libro fondamentale per il momento economico che attraversa l’Italia. Dopo averlo letto ho iniziato ad intuire quanto avesse ragione.

Poi è venuto un incontro con il suo autore, Stefano Micelli e un coinvolgimento di tipo misto (consulenza, vicinanza di quartiere, coworking) con la prima uscita pubblica del progetto Analogico Digitale, al FuoriSalone VenturaLambrate di quest’anno.

E’ stato lì che ho visto al lavoro Stefano Maffei, professore di design che predica – e realizza – nuove forme di collaborazione tra progetto e realizzazione artigiana, il tutto reso tangibile dall’uso delle stampanti 3D presso Tecnificio, laboratorio di makers vicino al Cowo, a Lambrate, gestito dai bravi Patrizia Dolzan e Marcello Pirovano (i quali figurano, non a caso, tra i 10 Nuovitalians presentati di recente come i casi di ispirazione per il rilancio economico italiano).

Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra un copywriter con le teorie economiche fondate su una nuova visione dell’artigianato italiano.

E infatti, io me lo chiedo.

Mi interessa perché sono convinto che il valore, anche e soprattutto economico, nasca dalle persone, dalle loro mani o dal loro cervello. (In questo senso, un po’ artigiano mi sento anche io).

Forse tutto questo è in relazione all’overdose di finanza  che gli anni scorsi ci hanno cacciato in gola di forza, che oggi ci fanno ritrovare in questo stato. Never again.

Infine: credo nell’Italia e nel suo talento, che da millenni è manufatturiero e sofisticato oltre ogni possibile concorrenza. Ci credo per me, ma soprattutto per mio figlio.

E ora arrivo alla Brianza: il 5 giugno Micelli, Maffei, il team di designer e imprese artigiane di Analogico Digitale sono a Meda (MB) per la presentazione di qualcosa che… secondo me è molto più di un libro e una mostra. Ci vediamo lì?

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Cowo è un pezzo della mia vita, da diversi anni. Domani parlerò al terzo Coworking Camp nazionale, a Milano.

L’argomento è “La dimensione economica del coworking”, tema che mi ricollega dritto dritto a quanto già detto sulla sostenibilità.

Domani proviamo a volare alto, magari ci stacchiamo da terra.

Magari scopriamo che un mondo migliore può cominciare dalla tua testa, dalle tue mani. Dal tuo ufficio.

Grazie a tutti quelli che ci saranno e a quelli che vorranno darmi il loro parere, di qualsiasi tipo, su queste slides e sull’idea Cowo in generale.

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Il mio ufficio – da quando è diventato uno spazio di coworking Cowo (2008) – è l’ufficio di molte altre persone.

Alcune stanno per molto tempo, altri meno. Qualcuno, come Rafaela, arriva come una meteora da Lisbona per una giornata, durante un viaggio attraverso l’Europa.

Questo andirivieni è in realtà un ecosistema (wow!) dove le relazioni aiutano a lavorare meglio.

Non necessariamente perché nascono delle collaborazioni, soprattutto perché lavorare a fianco di altri professionisti porta grandi benefici in termini di vivibilità delle giornate (umanamente), sostenibilità (non solo dei costi), apertura mentale.

Ma sto divagando… dicevamo del Presentation Lunch.

Questo viavai ha creato una situazione in cui a volte non sai che lavoro fa la gente intorno a te.

Questo è un peccato.

Ecco perché, il giovedì, organizziamo a volte un Presentation Lunch in cui, dopo aver mangiato qualcosa insieme, uno di noi presenta il proprio lavoro.

Poi un caffè e si torna alla propria attività… con un contatto in più.

Oggi, ad esempio, ascolteremo la professionalità di Paola, consulente per la sicurezza e l’igiene, con know-how sulle certificazioni di legge.

Ah, dimenticavo: i Lunch sono pensati per noi che lavoriamo in via Ventura 3, ma se qualcuno ha piacere di partecipare, le uniche formalità che chiediamo è che ci avvisi prima e tiri fuori i suoi 5 euro per la pizza 🙂

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Non capita tutti i giorni di parlare a un evento di CNA, nell’ambito di una manifestazione di livello nazionale, di un modello di business sostenibile.

Sono molto curioso di vedere come sarà accolta la mia presentazione , e per chi è interessato a seguire a distanza, lo streaming video è su InToscana.it, alle 11.30. A domani!

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Una delle mattinate più interessanti degli ultimi tempi l’ho trascorsa due giorni fa nel Tecnificio di Lambrate, dove Stefano Maffei (che si vede e si sente parlare), insieme a Stefano Micelli, Filippo Berto e ai ragazzi del team di Andrea Gianni preparavano il progetto AnalogicoDigitale per il Fuorisalone (Subalterno1 di via Conte Rosso 22, zona VenturaLambrate).

Straordinaria la tensione creativa e l’atmosfera carbonara che univa tutti i presenti, nei rispettivi ruoli e posizioni.

Per non parlare della stampante 3D, che ho visto per la prima volta e mi ha emozionato (dopo abbiamo stampato anche un fischietto!).

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