Ho letto “La società dei makers” di David Gauntlett (che stasera parla a Varese).
Il titolo inglese di questo libro vale già un post: “Making is connecting“.
Come dire: chi costruisce, costruisce anche relazioni. (Sul titolo si è già espresso benissimo Luca de Biase, qui).
Mi capita di occuparmi, per lavoro, di gente che fa cose con le mani, e leggere un saggio che mette in relazione l’attività manuale con la comunicazione, per me che mi occupo di questo, è un gradito “unire i puntini”.
Ma non è solo il mondo della comunicazione – o meglio delle relazioni – che emerge dalle pagine di Gauntlett, ma anche l’arte, l’architettura. l’editoria, l’information tecnology, il valore delle reti sociali, StarWarsUncut e la ricerca di senso come fonte di felicità.
Tutti mondi che esercitano – visti con gli occhi di Gauntlett – un fascino speciale, che nasce dal lavoro di chi fa, e non dalle chiacchiere di chi dice.
Che poi “il mondo di chi fa” possa diventare un mondo di chiacchiere, magari gonfiate dai media – come è naturale che succeda a un fenomeno sulla cresta dell’onda come quello dei makers – va accettato come un piccolo prezzo da pagare per la notorietà di queste ottime idee, di cui tanto si discute.
(Preferisco sempre che si parli troppo di una cosa che mi piace, piuttosto che non se ne parli per nulla).
Così, mentre aspetto che i makers e i loro stimolanti maker spaces incontrino il mondo del coworking, a me caro, mi soffermo su un caso raccontato da Gauntlett che sento molto vicino: quello del blogger inglese che si è obbligato a scrivere un post al giorno come atto d’amore verso la sua sconfinata collezione di dischi, che rischiava altrimenti di venire dimenticata da tutti, e da lui stesso per primo.
Così David Jennings decise: ogni giorno un post, dedicato a un disco.
Parlo di questo perché dal 2007 in poi, per un periodo di circa due anni, qui su OhMyMarketing – pur senza collezione di dischi da raccontare – il sottoscritto si è assegnato un compito analogo: making posts… to connect.
Un post al giorno, per connettermi a nuove idee e nuove relazioni: lo scrivere come “atto del fare” per poter superare un po’ se stessi e raggiungere qualcos’altro, qualcun altro.
Il libro in una frase:
In un’epoca in cui il senso delle cose si va smarrendo, Gauntlett ci invita a guardarci le mani e a ricordarsi che servono sia a costruire qualcosa sia a stringere quelle degli altri.
Appuntamento stasera a Varese per incontrare l’autore!